CANDIDATO E CANDIDATURA

CANDIDATO:
can·di·dà·to/
sostantivo maschile
Chi si sottopone al giudizio di elettori o di esaminatori, per il conseguimento di una carica o di una promozione: i c. al Consiglio comunale, alla Camera, al Senato, alla Presidenza; i c. alla maturità classica.

Nell’antica Roma, il candidato (candidatus) era colui che si presentava alle elezioni per una carica politica o amministrativa. Etimologicamente, il termine si riferisce al fatto che i candidati alle cariche politiche indossavano, per farsi riconoscere, una toga di un bianco particolarmente intenso (candida).

La toga

La toga degli antichi romani era un unico pezzo di lana semicircolare, molto ampio, che si indossava sopra la tunica. Per l’occasione, il bianco sporco della lana veniva trattato con agenti sbiancanti fino a portarlo ad una tonalità il più splendente possibile. Il bianco come segno di purezza, di candore. La toga candida era quindi il segno distintivo del candidato.

CANDIDATURA

candidatura s. f. [der. di candidato]. – Presentazione di una persona per essere scelta a un ufficio generalmente di carattere elettivo e, per traslato, di un qualunque ufficio pubblico e privato: presentare la propria c. alle elezioni.

Modalità della candidatura

La candidatura è la proposta o disponibilità di una persona ad occupare una determinata carica, tramite nomina o elezione, o a vedersi assegnato un qualche status o riconoscimento, come ad esempio un posto di lavoro o un premio. La candidatura può essere avanzata dal soggetto stesso (autocandidatura) oppure da altri. Il soggetto della candidatura è detto candidato, cioè chi aspira a quella carica, presentandosi a una competizione elettorale, oppure ad un concorso o ad un esame. Il termine deriva dal latino candidatus, vale a dire colui che indossa una “toga candida”. Ai tempi della Roma antica, infatti, coloro che si presentavano alle elezioni dovevano indossare una toga bianca per distinguersi. Inoltre deriva da “candido” cioè bianco, puro. Infatti si presupponeva che il candidato fosse puro, cioè, al di sopra di ogni sospetto.

Il nome del competitore veniva riportato sulle tabulae dealbatae, specie di lavagne bianche che erano esposte al populus nel Foro. Il competitore organizzava dei comizi nelle saepta capaci di contenere fino a 70.000 persone, comizi dove elencava le proprie virtù e capacità e faceva le ultime esortazioni e promesse.

Esisteva una certa propaganda elettorale. Famosi i manifesti pubblicitari, sotto forma di iscrizioni parietali, perfettamente conservati dalle ceneri, ritrovati negli scavi di Pompei, che risalgono al 79 d.C., per esempio:

  • “Vi prego di eleggere Lucio Rusticelio Celere che è degno della municipalità”.
  • “Si invita a votare Bruttio Balbo che conserverà la cassa municipale”.
  • “Vi prego di eleggere Giulio Polibio edile, fa del buon pane”.

Esisteva la corruzione, la compravendita dei voti mediante banchetti sontuosi, regali, posti a teatro, giochi gladiatori allestiti per l’occasione. Leggi ad hoc furono promulgate in occasione delle elezioni come la ciceroniana legge che vietava di organizzare giochi gladiatori due anni prima della candidatura ad una carica; o la lex Petelia de ambitu con la quale si limitava l’ambitio, cioè l’eccessivo darsi da fare dei competitori.

Esistevano le spese elettorali, solitamente alte, a carico del candidato, che in caso di elezione venivano rimborsate tramite l’ornatio. Confessa Cicerone che occorreva essere molto ricchi per aspirare a cariche politiche; chi non aveva mezzi, “facultates non erant“, doveva starsene in disparte.

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