[e-pu-rà-re]
SIGN Liberare dall’impurità, rimuovere persone da un ufficio per questioni politiche o di affidabilità
dal francese [épurer], derivato di [pur] ‘puro’.
A vederla spogliata dall’etimologia pare una parola normale, solita; ma la piega che ha preso sa essere raggelante.
Si tratta di un francesismo. A dire il vero il verbo epurer (con varianti come espurer) è attestato fin dagli inizi del Duecento, ma è solo alla fine del Settecento che prende i caratteri che conosciamo – e a quel punto l’italiano lo recepisce quasi subito, nel giro di pochi anni. Ma via, potrà mai essere così diversa dal purificare o dal depurare? Ebbene sì, e in modo abissale, e per un motivo molto semplice: si epura qualcuno, o qualcosa da qualcuno. L’impurità tolta con l’epurare è sempre una persona.
Qui si sente quanto sia affilato il doppio taglio del metro morale, che è sempre relativo: se si parla della necessità di epurare l’amministrazione pubblica da persone compromesse con la criminalità organizzata siamo tutti d’accordo (tranne quelli della criminalità organizzata), ma quando si inizia a parlare di epurazioni su base politica ecco già il sudore freddo – e non si parla ancora delle epurazioni compiute da Stati autoritari, totalitari.
Il richiamo alla purezza ha un magnetismo ineluttabile, ma a seconda del punto di vista sa diventare il più perverso dei richiami. L’epurare si porta addosso questo fardello di pericolo, e infatti è difficile che chi epura dica di stare epurando: è un verbo che vive soprattutto in una dimensione critica. Io ti attacco dicendo che hai voluto epurare due membri della squadra perché inetti mentre con le loro capacità insidiavano il tuo posto, si accusa il politico di aver voluto l’epurazione di un comico che lo aveva preso di mira, si racconta di come il consiglio di amministrazione sia stato epurato dai dissidenti che si opponevano a un’operazione losca.
Il depurare ha un che di chimico anche quando voglio depurare un testo dai riferimenti volgari; il purificare ha un che di mistico anche quando voglio purificare l’acqua. L’epurare invece (a parte qualche uso molto raro riferito a materiali) si accanisce sull’uomo, che interamente, per sue qualità o posizioni, è considerato lordo, contaminato e contaminante – perché incapace, inaffidabile, indegno, divergente. Non proprio l’esito che ci si attenderebbe notando ‘Toh, qui c’entra il rendere puro, chissà che bei concetti’.